G20 Climate Risk Atlas. Impacts, policy and economics in the G20 è una raccolta di 20 schede informative sul cambio climatico e i rischi associati in ognuno dei paesi che costituiscono le principali economie mondiali. Prodotto dal Centro Euro Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, è pensato come strumento di supporto ai decisori e permette di accedere alle più aggiornate conoscenze attraverso un linguaggio chiaro e grafiche immediate.
Dalle siccità alle ondate di calore, dall’innalzamento del livello marino al declino delle scorte di cibo, fino alle alle minacce al turismo – questi risultati mostrano quanto gravemente il cambio climatico colpirà le maggiori economie del mondo a meno che non agiamo ora
Così Donatella Spano, docente in Scienze e tecnologie dei sistemi arborei e forestali, ha presentato il G20 Climate Risks Atlas. Impacts, policy, economics, l’ultimo lavoro da lei coordinato al Centro Euro Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), ente di ricerca no-profit dedicato allo studio del clima che cambia ai suoi effetti.
È stato diffuso in occasione del G20 di Roma, dove il cambio climatico è stato uno dei temi discussi. Il lavoro consiste in un Atlante che mostra, per ognuno dei 20 paesi, la situazione attuale e l’evoluzione nel tempo di 11 settori chiave legati cambio climatico, dal clima locale alle politiche di mitigazione e adattamento, passando per mari, coste, acqua, agricoltura, foreste e incendi, salute, energia ed impatti economici.
Gli impatti locali di una crisi globale
L’atlante dello CMCC si aggiunge alla sempre crescente mole di documenti che definiscono il cambiamento climatico in termini di impatti e rischi, sia attuali che futuri, alla scala delle singole nazioni, in questo caso quella delle 20 grandi economie del pianeta, che complessivamente rappresentano l’80% del PIL globale.
Sappiamo che il clima sta cambiando a causa dei gas serra prodotti dall’uomo e sappiamo anche che l’aumento della temperatura media globale ha effetti diversi e specifici a livello regionale. In altre parole, gli scienziati sanno già stimare come quei gradi in più cambiano e cambieranno concretamente la vita delle persone nei prossimi decenni. La mole di dati e la letteratura scientifica è però sterminata, e generalmente inaccessibile a un pubblico non specialistico, che comprende anche i decisori politici a cui questo strumento è principalmente rivolto. Per farlo l’Atlante “condensa” le più aggiornate informazioni disponibili in schede composte da brevi testi di immediata comprensione, assieme a numerose mappe e infografiche. Secondo gli autori queste caratteristiche lo rendono accessibile anche a tutti gli altri cittadini, favorendo il loro coinvolgimento e la partecipazione.
Uno sguardo all’Italia
Sul sito dedicato si può scaricare l’intero Atlante, oppure le singole schede dedicate ai paesi. In cima a ognuna ci sono le indicazioni per la lettura. Negli 11 settori, citati in precedenza, si può seguire l’evoluzione prevista di molti parametri (dalla riduzione del PIL all’aumento nella durata delle ondate di calore) secondo 3 scenari: basse, medie e alte emissioni. Una semplice legenda permette di orientarsi facilmente in ogni scheda, indipendentemente dal settore: il colore nero è per i dati attuali o quelli passati, mentre verde, arancione e rosso corrispondono appunto ai tre scenari futuri, da qui al 2100.
Leggendo la scheda sull’Italia è facile cogliere le difficoltà che ci attendono. Per esempio l’agricoltura è destinata a cambiare molto man mano che il riscaldamento prosegue. Se da una parte le temperature più elevate, unite a una maggiore quantità di anidride carbonica, possono aumentare le rese (almeno in alcune zone e per alcune colture), dall’altra la scheda ci informa che servirà anche più acqua per coltivarle. Ma nel settore dedicato all’acqua non ci sono informazioni rassicuranti. Da tempo le precipitazioni sono in calo, il prelievo delle acque dolci è già molto elevato, e le nostre infrastrutture idriche disperdono moltissima acqua, anche potabile. La siccità, in particolare (ma non solo) al centro-sud è già un problema e non solo per l’agricoltura.
Nella sezione politiche vediamo che l’Italia si è imposta come obiettivo la riduzione del 55% di emissioni rispetto al livello del 1990, e di arrivare allo “zero netto” nel 2050. Alcune regioni, tra cui l’Emilia Romagna, hanno anche approvato una strategia locale per l’adattamento e la mitigazione.
Dal G20 alla Cop26
L’esito del G20 di Roma è stato duramente criticato. I rappresentanti delle grandi economie hanno promesso di affrontare il problema ma, allo stesso tempo non si sono impegnati in azioni incisive per tagliare l’uso dei combustibili fossili nel più breve tempo possibili. Anche il segretario dell’Onu Antonio Guterres ha detto che i paesi del G20 devono fare di più per il clima. Anche la COP26 di Glasgow si è chiusa tra le critiche, ma alcuni risultati, come un nuovo accordo tra gli Stati Uniti e la Cina, sono stati giudicati positivi.
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by Stefano Dalla Casa, formicablu