Un’inchiesta internazionale ha notato che al Parlamento europeo, dal 2004 al 2019, gli interventi dei partiti di destra che negano le cause umane della crisi climatica sono scesi dal 38 al 9%. Una nuova strategia sembra prendere il posto del vecchio negazionismo, per rallentare le politiche climatiche con la scusa dell’economia e del “benaltrismo”.
Un paio di settimane fa, Bologna ha ospitato la terza edizione della Climate Arena Conference, un evento a cui hanno partecipato circa 200 giornalisti e giornaliste europei che si occupano di clima. Dopo due giorni intensi di incontri e dibattiti, purtroppo il finale ha lasciato un po’ l’amaro in bocca perché ha coinciso con le piogge eccezionali del 19 ottobre, che hanno provocato i gravi danni di cui molto si è parlato sui media sia locali che nazionali. Quasi un’ironia della sorte che questo ennesimo evento meteorologico estremo avvenisse proprio mentre si chiudeva una conferenza in cui la crisi climatica era il tema principale.
Leggi anche: Climate Arena, la conferenza sul giornalismo climatico arriva a Bologna
Il programma era molto ricco e spaziava da interventi sulle zone umide alla biodiversità, dai combustibili fossili al greenwashing, fino ad alcuni panel sulle fake news. Uno degli incontri più interessanti a cui abbiamo partecipato era quello organizzato da tre giornalisti freelance: María Elorza Saralegui per la Spagna, Martin Vrba per la Repubblica Ceca e Michele Bertelli per l’Italia. Il titolo del workshop (tradotto in italiano) era Come non cadere nella trappola della “nuova” disinformazione sul clima e raccontava il grosso lavoro d’inchiesta che i tre giornalisti hanno fatto tra la fine del 2023 e l’inizio di quest’anno. Le inchieste sono state pubblicate in italiano su Millennium, il magazine del Fatto Quotidiano, in spagnolo sul sito Climàtica e in ceco su Britské listy.
Come cambiano i discorsi sul clima
Il punto di partenza delle loro ricerche è che si sta verificando una specie di slittamento nei toni dei discorsi pubblici dell’estrema destra in Europa rispetto alle questioni che riguardano il clima. Dato che è sempre più difficile negare l’esistenza della crisi climatica di fronte all’aumento di fenomeni estremi, negli ultimi anni i partiti della destra europea stanno mettendo in atto nuove strategie. Infatti nell’inchiesta si legge che su «792 interventi dei partiti della destra conservatrice e sovranista al Parlamento europeo dal 2004 al 2019 – quando la parte del leone la facevano il francese Front National o il britannico Ukip – i discorsi che accettavano la causa umana del riscaldamento globale sono cresciuti dal 44 al 56%, mentre quelli apertamente scettici sono crollati dal 38 al 9%. È il risultato di uno studio condotto da Bernard Forchtner, professore associato all’Università di Leicester, insieme al ricercatore Balsa Lubarda».
Ora pare che l’obiettivo sia frenare le politiche climatiche in nome dell’economia, usando la tattica del “delay” (che potremmo tradurre come “rallentismo”) mescolata a forme di retorica come il cosiddetto benaltrismo o anche il classico ostruzionismo, già note nel discorso politico pubblico italiano. In sintesi, si stanno abbandonando le posizioni più smaccatamente negazioniste – sia sull’esistenza, sia sull’origine antropica dei cambiamenti climatici – per passare a dichiarazioni che spostano l’attenzione da ciò che andrebbe fatto, magari anche urgentemente, perché prima ci sarebbero appunto altre questioni più importanti da affrontare, come per esempio i rapporti con la Cina.
Abbiamo risentito Michele Bertelli dopo la conferenza e ci spiega che «le ipotesi per cui stia avvenendo questo shift sono diverse: da un lato i fenomeni meteorologici estremi non permettono più di fare negazionismo perché sono sotto gli occhi di tutti, e dall’altro invece con l’ostruzionismo si possono fare anche cose diverse – come attaccare le élite, la guerra in Ucraina, la crisi economica o il Covid». Una delle argomentazioni più usate nei nuovi discorsi delle destre europee è, per esempio, quella di accettare una delle cause delle emissioni di gas climalteranti (come l’uso dei combustibili fossili), ma rifiutarsi di sostenerne l’eliminazione o la messa al bando. Perché da qui all’arrivo della norma, magari, la tecnologia potrebbe fare passi avanti e rendere obsoleto il divieto. Tradotto in pratica politica ciò significa che all’interno delle istituzioni rappresentative, come il Parlamento Europeo, le destre non votano più come qualche anno fa, arroccandosi su tesi negazioniste. Mentre invece si esprimono con toni che a prima vista sembrano di sicuro più accettabili, ma nascondono un invito all’inazione e all’attesa. Un modo più subdolo per acquisire consenso politico, anche se attendere è ormai una posizione che non ci possiamo davvero più permettere.
Lo “spartiacque” delle alluvioni in Emilia-Romagna
E in Italia? Secondo Bertelli «l’ingresso dei temi ecologici nel discorso politico italiano è relativamente recente, se si esclude la fiammata dei referendum abrogativi sul nucleare del 1987. Due ricercatrici dell’Università di Pisa e della Scuola Normale Superiore, Paola Imperatore e Federica Frazzetta, hanno analizzato le dichiarazioni dei politici italiani sui principali quotidiani rilevando che soprattutto gli esponenti dei partiti di governo hanno aumentato la loro presenza nel dibattito sul clima dopo le alluvioni del 2023 in Emilia-Romagna. Secondo le due scienziate politiche questo evento è stato una specie di spartiacque, perché da allora c’è stata molta più attenzione sul tema. Inoltre, si nota anche un “doppio registro”: posizioni più dialoganti per chi ha responsabilità istituzionali e toni più orgogliosamente anti-ambientalisti per chi invece non ricopre cariche ufficiali».
Al giornalista chiediamo anche che cosa è cambiato da quando sono state pubblicate le loro inchieste cross-border: ci risponde che «intanto c’è stato lo iato delle elezioni europee con il rimescolamento dei gruppi parlamentari, e infatti avevamo deciso di uscire con il progetto prima di andare alle urne proprio perché eravamo in pieno contesto elettorale, ma ora stiamo pensando di riprendere in mano la ricerca per aggiornarla (anche perché nel frattempo è stata finalista al Climate Journalism Award promosso dal Centro Europeo per il Giornalismo)».
In conclusione Michele Bertelli cita la politologa Catherine Fieschi secondo cui «il clima sarà un tema da presidiare per i gruppi sovranisti europei, non più solo i migranti, anche perché questo potrebbe portare a un avvicinamento con il Partito popolare europeo; come è successo con la Nature Restoration Law approvata proprio quest’anno, dove hanno votato insieme». E, aggiungiamo noi, con un occhio sempre puntato anche su quello che succederà negli Stati Uniti con la nuova amministrazione che si insedierà a gennaio.
di Sara Urbani – formicablu
Foto di copertina: L’emiciclo del Parlamento europeo a Strasburgo (C) David Iliff