Le nature-based solutions promettono di alleviare la crisi climatica facendo leva sulle risorse naturali in modo sostenibile, ma che cosa significa? Che cosa c’è in concreto dietro il lessico alla moda?
Con l’intensificarsi della crisi climatica e ambientale, nel discorso pubblico sono emersi alcuni concetti apparentemente nuovi, ma in realtà piuttosto conosciuti tra gli addetti ai lavori. Un esempio è la “città dei 15 minuti“, che non è diversa nei principi dall’«unità di vicinato» ideata quasi un secolo fa. Lo stesso si potrebbe dire per la città a 30 km/h, che funziona da molti decenni (anche se in questo caso il beneficio principale è la sicurezza stradale), o per il rewilding. Ora possiamo aggiungere le nature-based solutions (NBS), letteralmente soluzioni basate sulla natura. Secondo le definizioni più comuni le nature-based solutions sfruttano a livello locale quello che mette a disposizione la natura (ecosistemi) per risolvere i problemi delle persone attraverso la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Nature-based solutions: più di un brand
Secondo un editoriale del 2017 della rivista Nature le definizioni di nature-based solutions sono, in effetti, un po’ vaghe. Il motivo, secondo l’editoriale, è che le NBS sono in realtà un nome accattivante inventato per promuovere un gran numero di concetti preesistenti: infrastrutture verdi e blu, servizi ecosistemici, capitale naturale, ingegneria ecologica, mitigazione basata sugli ecosistemi, eccetera. Ognuno di questi concetti ha alle spalle molti anni o decenni di letteratura scientifica, ma c’era il problema di portarli nel discorso pubblico. Si è pensato di racchiudere tutto sotto l’ombrello delle nature-based solutions.
Prima di giudicare con sospetto questo “stratagemma” proviamo a guardarci intorno. La mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici richiede già oggi una pluralità di conoscenze specifiche (e per questo ci sono gli scienziati), ma richiede anche un ampio supporto politico, che parte dalle singole persone. Parlare di «soluzioni basate sulla natura» potrebbe allora funzionare meglio in prima battuta rispetto all’uso di termini più specifici che spesso non escono dalla letteratura scientifica. Insomma, se un nuovo termine può aiutare a rappresentare una famiglia di strategie, allora è il casi di dire che il fine giustifica i mezzi.
Un’occhiata allo schema soprastante, dal rapporto della European Environmental Agency Nature-based solutions in Europe: Policy, knowledge and practice for climate change adaptation and disaster risk reduction (2021), può aiutare a capire perché un nuovo nome può essere comodo, al netto di una definizione un po’ vaga. Lo schema e il rapporto sottolineano, come faceva Nature, che NBS racchiude diversi approcci per l’adattamento ai cambiamenti climatici e per la riduzione del rischio dei disastri naturali, aree già ampiamente studiate. Le diverse NBS sono accomunate dallo sfruttamento sostenibile delle risorse naturale e abbracciano un ventaglio di situazioni e contesti diversi.
Un esempio di NBS: infrastrutture verdi e blu
La varietà di situazioni dove le NBS possono essere applicate rende difficile spiegare cosa siano nello specifico. Se per esempio consideriamo solo l’ambito agricolo, gli interventi possibili che ricadono sotto le NBS sono moltissimi. Si possono realizzare zone umide artificiali (riserva di acqua per le colture e protezione della biodiversità), si può adottare la silvopastorizia (produzione di legname, difesa dall’erosione, fissazione del carbonio), si può coltivare senza arare e usare coltivazioni di copertura (conservazione di suolo, acqua e nutrienti): sono solo alcuni dei molti esempi.
Un’altra immagine del rapporto della EEA può aiutare a dare uno sguardo di insieme.
Tra tutte le NBS, però, quelle che forse ci riguardano più da vicino sono le cosiddette infrastrutture verdi e blu in ambito urbano. Queste infrastrutture non sono altro che gli spazi verdi e i corpi d’acqua superficiali che fanno parte delle città in cui viviamo. Sono “infrastrutture” perché se opportunamente progettate e gestite svolgono funzioni fondamentali, alla pari delle (necessarie ma sovrabbondanti) infrastrutture grigie come quelle fatte di asfalto e cemento.
La teoria dietro a queste infrastrutture si può riassumere così. Uno dei problemi dell’urbanizzazione è l’impermeabilizzazione del suolo. Se l’acqua delle precipitazioni non può infiltrarsi nel terreno deve per forza scorrere sulle infrastrutture grigie. Ci sono gli scarichi artificiali, ma non sempre sono sufficienti a evitare allagamenti più o meno estesi. Una città con numerose aree verdi (e quindi permeabili) grandi come parchi o piccole come aiuole, permette a una maggiore quantità di acqua di infiltrarsi nel terreno e un minor ruscellamento. La creazione di queste infrastrutture verdi, inoltre, può essere affiancata a pavimentazione e asfalto permeabile, riducendo ulteriormente il rischio di allagamenti.
Ma ci sono anche altri benefici: quando l’acqua si infiltra su superfici verdi una parte di essa torna alle falde o al bacino idrografico depurata dai numerosi inquinanti raccolti, a differenza di quello che accade quando è raccolta dagli scarichi. In città inoltre le aree verde possono moderare l’effetto isola di calore urbano, attraverso l’ombra e l’evapotraspirazione che sottrae calore. Al tempo stesso molti animali possono trovare rifugio in queste aree. Anche la realizzazioni di edifici con spazi verdi (tetti, pareti) può offrire benefici in termini di isolamento termico, moderazione del ruscellamento e depurazione. Le infrastrutture blu sono strettamente associate a quelle verdi e prevedono dove possibile la realizzazione di specchi d’acqua artificiali o il mantenimento di quelli naturali.
Nature-Based solutions: limiti e critiche
In questi termini sembra tutto molto semplice, ma in realtà interventi di questo tipo devono essere pianificati con cura in modo da massimizzare gli effetti rispetto al costo necessario, sia per la realizzazione che per la manutenzione. Per fortuna non si tratta di un campo pionieristico, ed è già stata dimostrata l’efficacia di infrastrutture verdi e blu ben implementate. Un aspetto di cui però si parla ancora poco è legato la gentrificazione verde, il fenomeno per cui le aree verdi di una città diventano le più costose, costringendo le persone che non possono permettersi di vivere lì ad allontanarsi in zone più “grigie”. Dal momento che queste “infrastrutture” giovano di ampio supporto pubblico, è importante che i benefici siano davvero per tutti e che non contribuiscano a generare disuguaglianze. Per fare un esempio, un appartamento nel famoso Bosco verticale di Milano, promosso come esempio di nature-based solution, costa fino a 15 mila euro al metro quadrato.
Non tutti gli interventi basati sulle NBS hanno però prove di efficacia altrettanto nette. Un importante studio del 2020 ha messo le cose in prospettiva: su un campione di 293 casi di NBS per l’adattamento ai cambiamenti climatici pubblicati nella letteratura specializzata dal 1988 al 2018, il 59% ha prodotto effetti positivi rispetto agli impatti climatici, ma c’è un 12% dove si sono registrati effetti negativi. Nel 6% dei casi non ci sarebbero stati effetti, mentre in un altro 6% dei casi ci sarebbero stati sia effetti positivi che negativi, e nel 17% gli autori degli studi non sono stati in grado di dire se c’era stato o meno un effetto. Dal momento che gli interventi sono diversi e sono contesto-specifici questi risultati sono comunque piuttosto incoraggianti, ma c’è ancora del lavoro da fare e rimane importantissimo continuare a misurare l’efficacia degli interventi realizzati nel mondo reale.
da: Chausson, A., Turner, B., Seddon, D., Chabaneix, N., Girardin, C. A. J., Kapos, V., …Seddon, N. (2020). Mapping the effectiveness of nature-based solutions for climate change adaptation. Global Change Biology, 26(11), 6134–6155. doi: 10.1111/gcb.15310
Infine, è utile riflettere su come alcuni esperti e attivisti guardino con sospetto alle NBS. Questo “brand” negli ultimi anni ha avuto davvero molto successo, ma c’è chi teme che questo tipo di soluzioni ricevano più attenzione del dovuto quando rispetto al problema dei cambiamenti climatici. Per mitigarli, non c’è altra strada che abbandonare i combustibili fossili più in fretta possibile, ma alcune NBS promettono di aiutare ad alleggerire l’atmosfera dal diossido di carbonio, per esempio attraverso la piantumazione di alberi.
Questo rende le NBS molto appetite dalle aziende che intendono apparire “green” senza però rinunciare allo status quo: basta comprarsi un certificato secondo cui le emissioni dell’impresa sono bilanciate dalla fotosintesi di un po’ di foresta. In una parola: greenwashing. Secondo i promotori delle NBS, però, così si rischia di buttare il bambino con l’acqua sporca. Da una parte è imperativo vigilare sul greenwashing e su tutte le NBS mal progettate, e non si discute sull’abbandono dei combustibili fossili. Al tempo stesso le NBS posso però dare una mano sia nell’adattamento che nella mitigazione dei cambiamenti climatici e non sarebbe saggio rinunciarvi.
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stefano dalla casa – formicablu