L’Europa promuove il “diritto alla riparazione”

Dall’estate 2024 c’è uno strumento in più per ridurre i rifiuti elettronici: una nuova direttiva europea che promuove la riparazione dei prodotti che acquistiamo; l’obiettivo è tutelare consumatori e consumatrici, spingere la transizione verso un’economia circolare e ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti.

 

Al mondo quasi 4 persone su 5 hanno un telefono cellulare, il dato certo non c’è ma secondo l’International Telecommunication Union (ITU) nel 2023 circa il 78% della popolazione mondiale maggiore di 10 anni d’età ne possedeva uno. E questo numero sembra essere in rapida crescita, infatti le stime prevedono che nel giro di qualche anno sulla Terra ci saranno tanti cellulari quante persone, e poco dopo la parità potrebbe arrivare anche il sorpasso.

Tutto ciò genera una certa preoccupazione soprattutto perchè questi prodotti di largo consumo (così come altri device) hanno un ciclo di vita breve, e nel giro di qualche anno finiscono… dove? Proprio qui sta uno dei punti più problematici, perché non è affatto facile smaltire correttamente i rifiuti elettronici.

Ma dall’estate 2024, è entrata in vigore una nuova direttiva europea (2024/1799/Ue) che promuove il “diritto alla riparazione” dei prodotti che acquistiamo, introducendo misure significative per la tutela di consumatori e consumatrici. Questa iniziativa fa parte di un ampio sforzo dell’Unione Europea per sostenere la transizione verso un’economia circolare e per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti, soprattutto di quelli elettronici.


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La direttiva europea stabilisce che i consumatori avranno il diritto di richiedere la riparazione di prodotti difettosi o rotti anche dopo la scadenza della garanzia legale di due anni. Questo significa che, in caso di malfunzionamento, le aziende produttrici saranno obbligate a riparare i prodotti a meno che ciò non sia impossibile. La riparazione dovrà essere gratuita o fornita a un costo ragionevole, rendendo così più accessibile la manutenzione dei beni.

I prodotti coperti da questa normativa includono telefoni cellulari e smartphone, computer e tablet, oltre a molti elettrodomestici, cioè tutti oggetti di largo consumo che ormai fanno parte della nostra vita quotidiana. Inoltre, entro il 31 luglio 2027, è prevista l’implementazione di una piattaforma digitale per facilitare l’incontro tra consumatori e chi deve riparare i beni, rendendo più semplice e diretto il processo di riparazione.

Oltre al diritto alla riparazione, i consumatori beneficeranno di una garanzia estesa di 12 mesi sulle riparazioni effettuate. Questo rappresenta un ulteriore incentivo per scegliere la riparazione anziché la sostituzione dei prodotti, in modo da allungarne la “vita”. In alternativa, qualora la riparazione non fosse soddisfacente o possibile, i consumatori potranno sempre optare per la sostituzione del prodotto.

 

Le implicazioni ambientali

Questa direttiva si inserisce in un contesto più ampio di politiche europee orientate verso la sostenibilità e la riduzione dei rifiuti. L’Unione Europea ha iniziato ad adottare norme sulla progettazione ecocompatibile (chiamato anche ecodesign) fin dal 2009, e ora queste normative si estendono a tutte le categorie di prodotti, non solo a quelli elettrici o elettronici. L’obiettivo è migliorare l’efficienza energetica dei beni di consumo e prolungarne la vita utile, contribuendo così a una significativa diminuzione della produzione di rifiuti.

Il rafforzamento del diritto alla riparazione rappresenta un passo importante verso una maggiore sostenibilità ambientale e un consumo più responsabile. Questa iniziativa non solo offre ai consumatori maggiori diritti e opzioni, ma contribuisce anche a un cambiamento culturale necessario per affrontare le sfide ambientali che sono sempre più presenti anche nel dibattito pubblico. Con l’implementazione di queste nuove norme, l’Unione Europea mette l’accento sulla transizione verso un’economia circolare che sia sempre più efficiente e rispettosa dell’ambiente.

 

Qualche dato dal mondo

Per capire meglio le dimensioni del problema dei rifiuti, ci viene in aiuto il Global E-waste Monitor 2024: un rapporto che fornisce un’analisi dettagliata della gestione dei rifiuti elettronici (o e-waste) a livello globale, evidenziando dati chiave e tendenze nel settore. Proviamo allora a riassumere i punti salienti contenuti nel report.

Il primo dato chiaro che emerge è quello sulla generazione di e-waste: nel 2022, la popolazione mondiale ha generato circa 62 miliardi di kg di rifiuti elettronici, pari a una media di 7,8 kg per persona. E la notizia è ancora più allarmante se consideriamo che questa cifra rappresenta un aumento significativo rispetto ai 34 miliardi di kg prodotti nel 2010.

Se guardiamo poi la sezione dedicata alla raccolta e al riciclo, si evince che solo il 22,3% (circa 13,8 miliardi di kg) dell’e-waste generato è stato raccolto e riciclato in modo ecologicamente sostenibile. La raccolta formale, cioè gestita da aziende autorizzate, è cresciuta passando da 8 miliardi di kg nel 2010 a 14 miliardi di kg nel 2022, ma comunque non riesce a tenere il passo con il continuo aumento della generazione di rifiuti. 

Ovviamente questi dati globali possono essere suddivisi per continente, e così facendo si vede che nel 2022 l’Europa è capofila nella generazione di e-waste (con 17,6 kg di rifiuti pro capite) seguita a ruota dall’Oceania (16,1 kg) e dalle Americhe (14,1 kg), mentre Asia e Africa chiudono con rispettivamente 6,4 e 2,5 kg di rifiuti a testa. Ma anche i tassi di raccolta formale e riciclo sono molto diversi: in Europa e Oceania sono sopra il 40%, nelle Americhe è circa il 30% e in Asia sfiora il 12%, mentre in Africa purtroppo è solo lo 0,7%.

Andando a guardare i dati più in dettaglio, si vede come la composizione dei rifiuti elettronici prodotti nel 2022 può essere suddivisa all’incirca così: 31 miliardi di kg di metalli, 17 miliardi di kg di plastica e 14 miliardi di kg di altri materiali (minerali, vetro, materiali compositi, ecc.). E tutto ciò ha ovviamente un enorme impatto ambientale, poiché la gestione inadeguata dell’e-waste porta a significative perdite di sostanze inquinanti nell’ambiente, per esempio ogni anno sono rilasciati nell’ambiente circa 58.000 kg di mercurio e 45 milioni di kg di plastica tossica (contenente ritardanti di fiamma bromurati).

Per porre un freno a questi trend e tentare di invertire la rotta, vari paesi nel mondo stanno mettendo in atto azioni politiche e legislative. Ma attualmente degli 81 paesi che hanno adottato misure riguardanti l’e-waste, solo 46 hanno fissato obiettivi specifici per la raccolta e il riciclo.

 

Uno sguardo al futuro

Nel rapporto si prevede che entro il 2030 la generazione globale di e-waste possa raggiungere la cifra record di 82 miliardi di kg, con una crescita continua della domanda e dell’uso di prodotti elettronici. Inoltre, se non verranno implementate misure efficaci per migliorare la raccolta e il riciclo, si stima che il tasso di raccolta formale potrebbe scendere fino al 20% entro il 2030. Guardando invece agli scenari più ottimistici, se si investe in infrastrutture adeguate e si promuovono pratiche sostenibili, sarebbe possibile aumentare il tasso di raccolta e riciclo fino al 60% sempre entro il 2030.

Il report sottolinea infine l’urgenza di affrontare la crisi dell’e-waste attraverso politiche più rigorose, investimenti in infrastrutture per la gestione dei rifiuti e una maggiore consapevolezza dell’opinione pubblica. In particolare, è fondamentale promuovere la transizione verso un’economia circolare per ridurre gli impatti ambientali negativi e massimizzare il recupero delle risorse preziose contenute nei dispositivi elettronici dismessi.

 

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di Sara Urbani - formicablu