I dati sulle piogge e sui livelli delle acque in Emilia-Romagna dal Rapporto ARPAE 2020
Il 2020 è stato un anno fuori dalla norma, per quanto riguarda le piogge in Emilia-Romagna. Secondo i dati del Rapporto IdroMeteoClima dell’ARPAE, nella regione i primi cinque mesi dell’anno scorso sono stati i più secchi dal 1961 (il primo anno di riferimento nella serie di dati usata per l’analisi), seguiti da un’estate con piogge intense sopra la media. Anche gli ultimi mesi dell’anno hanno riservato sorprese, con il novembre meno piovoso e il dicembre più ricco di piogge degli ultimi 60 anni.
Il bilancio, nel complesso è quello di un anno secco: il bilancio idroclimatico, che indica la differenza tra precipitazioni e la quantità di acqua dispersa in atmosfera (per evaporazione, per esempio) e dunque è utile per stimare la disponibilità idrica e le condizioni di siccità, nel 2020 è stato nettamente negativo, con un valore di -200 mm. La causa non è solo nelle piogge generalmente più scarse, ma anche nelle temperature superiori alla media: il 2020 infatti è stato uno degli anni più caldi dal 1961 a oggi, con temperature alte soprattutto nei mesi invernali. Nonostante le piogge totali annue si siano fermate a circa 820 mm (rispetto ai 916 mm medi del periodo di riferimento 1961-1990), l’estate insolitamente piovosa ha scongiurato il verificarsi di gravi siccità durante i mesi più caldi.
Questo 2020 relativamente secco, comunque, si inserisce nel trend del cambiamento climatico in corso nella regione: le serie storiche mostrano che tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta il bilancio idroclimatico in Emilia-Romagna era mediamente in pareggio, e mostrava quindi un equilibrio tra le acque che scendevano con le piogge e quelle che si disperdevano nell’atmosfera a causa dell’evaporazione e della traspirazione delle piante.
Dagli anni Novanta, invece, il valore di questo indicatore ha iniziato a scendere: tra il 1991 e il 2015 la media è scesa a -100 mm. In alcune zone della regione, inoltre, il 2020 ha visto valori particolarmente bassi di questo indice. Per esempio, nelle zone di pianura più orientali sono stati rilevati valori inferiori a -600 mm. Un risultato che non sorprende, se si osserva la carta qui sotto, che mette a confronto le precipitazioni totali dell’anno scorso con i dati storici, per mostrare le zone in cui le anomalie sono state più rilevanti.
Anomalia delle precipitazioni totali (in millimetri) dell’anno 2020 rispetto al clima 1961-1990. Fonte: ARPAE - Rapporto IdroMeteoClima 2020
Fiumi e acque sotterranee
Che impatti hanno avuto queste condizioni del meteo e del clima sulle riserve d'acqua della regione? Per capirlo bisogna osservare gli andamenti della portata del Po e degli altri fiumi che scorrono nel territorio e il livello delle falde sotterranee.
La scarsità di piogge per gran parte dell’anno ha ridotto la portata della maggior parte dei fiumi della regione, che nel 2020 quindi in media hanno avuto un corso più scarso della media, soprattutto in primavera e in inverno. Il Po, invece, ha avuto un anno che nel complesso è stato nella norma, al netto di mesi con portate molto scarse (come aprile e novembre) e molto abbondanti (ottobre).
Nonostante l’estate piovosa, però, il flusso dei fiumi non è stato più abbondante del solito: nei mesi estivi è stato scarso, in diminuzione o in esaurimento da monte a valle, anche a causa dei prelievi di acqua per l’irrigazione. Anche nel 2020, infatti, l’ARPAE ha disposto provvedimenti per vietare il prelievo d’acqua da alcuni fiumi (nei territori di quasi tutte le province), perché per molte settimane i deflussi giornalieri sono stati minori del cosiddetto deflusso minimo vitale, che garantisce l’integrità e la sopravvivenza del fiume e del suo ecosistema.
Il corso di fiumi e canali, inoltre, in parte defluisce nel sottosuolo e, assieme alle piogge, alimenta le acque sotterranee. In Emilia-Romagna, il livello delle falde è controllato da una fitta rete di quasi 550 stazioni per il monitoraggio manuale (che avviene ogni sei mesi) e da 40 stazioni che rilevano automaticamente, ogni ora, il livello dell’acqua in alcune zone considerate particolarmente rappresentative. A influire sulla profondità della falda - oltre all’abbondanza delle acque che vi arrivano - c’è la quantità di quelle che vengono prelevate per gli usi umani: irrigazione delle coltivazioni, acquedotti e uso industriale.
Nel 2020, i corpi idrici più superficiali della fascia di pianura hanno avuto un livello minore, anche se paragonabile, a quello del 2019: non un calo critico, ma che segue una tendenza iniziata nel 2017 di disponibilità di acqua che si riduce, a causa di piogge invernali e primaverili sempre più scarse. I corpi idrici più profondi, invece, sono risultati più stazionari rispetto ai dati degli ultimi anni. In generale, rispetto agli anni precedenti nel 2020 il 21,3% delle falde ha un livello meno profondo (la falda, dunque, è più ricca di acqua), il 61,1% ha un livello stazionario, mentre il 17,6% ha un livello più profondo.
Variazione del livello medio delle acque sotterranee nelle stazioni di monitoraggio dei corpi idrici di pianura (2020). Fonte: ARPAE - Rapporto IdroMeteoClima 2020
Le acque marine
La temperatura delle acque marine superficiali è stata particolarmente alta rispetto al periodo 2008-2019, in particolare nei mesi di febbraio e marzo (+1,6 °C e +2,0 °C), a settembre (+1,3 °C) e a novembre (+1,8 °C). Una variazione da non sottovalutare, perché un cambiamento nella temperatura dell’acqua marina ha ripercussioni sulla sua densità, che a sua volta può influenzare l’andamento delle correnti.
Il rapporto ARPAE riporta anche i risultati degli studi sul moto ondoso sulla costa, grazie ai rilevamenti che vengono acquisiti ogni 30 minuti dalla boa ondametrica Nausicaa, posizionata 8 km al largo di Cesenatico. Questa raccolta dati, iniziata nel 2007, non permette ancora di identificare tendenze di lungo periodo sui cambiamenti che potrebbero essere in corso nel nostro mare, ma è in grado di ricavare informazioni sull’altezza e sull’energia delle onde, due parametri critici per valutare la pericolosità delle mareggiate. Da questo punto di vista, il 2020 è stato un anno nella media, con 18 mareggiate di cui solo 2 classificate come “significative” (e nessuna che rientra nelle categorie “severa” ed “estrema”).
Continuare queste opere di monitoraggio sarà sempre più importante nei prossimi anni, in cui le temperature dell’atmosfera e del mare saliranno a causa del riscaldamento globale: raccogliere dati sarà fondamentale per capire quali strategie mettere in atto per contrastare - e mitigare - gli effetti dei futuri cambiamenti climatici.
di Anna Violato, formicablu
Anna Violato è una comunicatrice della scienza freelance che vive a Bologna. Collabora con RADAR Magazine, testata online che racconta i cambiamenti del clima e dell’ambiente, con lo studio di comunicazione scientifica formicablu e con la casa editrice Zanichelli.