Un recente articolo della rivista TeMa (Journal of Land Use, Mobility and Environment) racconta l’importanza di creare città più inclusive, sicure e sostenibili, promuovendo il benessere e la partecipazione attiva dei bambini
Proviamo a fare un test: da dove pensate che venga questo estratto?
“interventi che facilitano l’uso del tempo e degli spazi urbani e naturali, rimuovono ostacoli nella mobilità, ampliano la fruizione di beni e servizi ambientali, culturali, sociali e sportivi”
Penseremmo che sia molto recente, che si riferisca a progetti di “rigenerazione urbana” alla moda e magari, perché no, alla famigerata città 30, o all’ancor più discussa città dei quindici minuti. E invece no. Queste parole vengono dalla legge n. 285 del lontano 1997: “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”.
Con quella legge è stato istituito il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza
“finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell’infanzia e dell’adolescenza, privilegiando l’ambiente ad esse più confacente ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria, in attuazione dei princípi della Convenzione sui diritti del fanciullo resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, e degli articoli 1 e 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.”
Tra le altre cose, la legge parla esplicitamente di progetti per migliorare gli spazi urbani usando come guida le esigenze dei bambini. E in effetti, leggendo il documento, è evidente che già quasi trent’anni fa le città in cui viviamo dovevano cambiare. E come oggi si parlava di tempo, ambiente, socializzazione, inclusività, qualità della vita.
Oggi l’enfasi è soprattutto sulla crisi climatica (innegabile) e la transizione energetica (indispensabile), ma con buona pace di chi paventa complotti molte delle idee per cambiare le città che sentiamo oggi risalgono a decenni fa, e spesso sono ben collaudate. Nessuna rivoluzione (o sovversione, per alcuni), ma banale buon senso.
Ma cosa c’entrano i bambini con tutto il resto, a partire dall’ambiente? In realtà il legame è piuttosto elementare. I bambini sono una minoranza della popolazione urbana che è più fragile ed esposta a certi rischi, dal traffico dei veicoli all’inquinamento. Allo stesso tempo questa minoranza ha esigenze specifiche, dagli spazi per giocare alla possibilità di muoversi in autonomia e sicurezza senza un veicolo a motore. Per questo una città a misura di bambine e bambini è una città migliore per tutti.
Che cosa è stato fatto finora, in Italia e nel mondo, in questo senso? E che cosa ci insegna? In un recente numero speciale della rivsta TeMa (Journal of Land Use, Mobility and Environment) dedicato alle disuguaglianze urbane, la ricercatrice Annunziata D’Amico (Università Federico II di Napoli) ha analizzato la teoria e la pratica delle città a misura di bambino.
Perché le nostre città non sono amiche dei bambini
Le città moderne sono alla base dello sviluppo economico e sociale, ma spesso non garantiscono un ambiente sano e sicuro per i bambini. La progettazione urbana, incentrata sulle esigenze degli adulti, ha relegato i più piccoli ai margini, creando spazi urbani che compromettono la loro salute e benessere.
L’inquinamento ambientale, derivante principalmente dal traffico veicolare, dal riscaldamento residenziale e dalle attività industriali, è uno dei principali fattori che danneggiano la salute dei bambini. Lo smog può causare malattie respiratorie e cardiovascolari, aumentando il rischio di problemi di salute a lungo termine. Il cambiamento climatico aggrava ulteriormente questa situazione. Le isole di calore urbane minacciano in modo particolare i bambini (oltre agli anziani), mentre eventi climatici estremi come inondazioni, siccità, ondate di calore e incendi diventano sempre più frequenti.
L’autrice è chiara: la trasformazione urbana degli ultimi decenni ha favorito la mobilità automobilistica ed è l’auto la vera protagonista degli spazi pubblici. Questo ha compromesso la sicurezza e la qualità dell’aria, facendo percepire le città come luoghi pericolosi. Molti di noi accompagnano i propri figli a scuola in automobile per questo motivo, e così i bambini hanno perso la possibilità di muoversi autonomamente e di esplorare. Sono esperienze fondamentali: il gioco all’aperto e la mobilità indipendente permettono di sviluppare abilità motorie, sociali e cognitive, oltre a favorire il loro benessere emotivo.
La Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1959, e la successiva Convenzione sui Diritti dell’Infanzia del 1989, ratificata dall’Italia con la Legge 176 del 27 maggio 1991, hanno posto i diritti dei bambini al centro delle politiche degli Stati membri. Con la Legge 285/1997 l’Italia ha riconosciuto la necessità di implementare azioni a favore dei bambini anche nelle aree urbane; oggi è più che mai necessario riconoscere che qualsiasi “città sostenibile” deve considerare le esigenze e i diritti dei cittadini più giovani. Come scrive la ricercatrice:
“al centro del dibattito sul futuro delle città, una questione cruciale è come renderle sane, sostenibili e prospere per tutti: la risposta può risiedere nel renderle a misura di bambino”.
Che cosa vuol dire “a misura di bambino”?
La letteratura di ricerca analizzata da D’Amico offre una ricchezza di definizioni riguardanti le città a misura di bambino (Child-Friendly Cities – CFC). Secondo l’UNICEF, una CFC è una città che implementa la Convenzione sui Diritti dell’infanzia a livello locale, seguendo i principi generali della Convenzione: non discriminazione, il migliore interesse del bambino, il diritto intrinseco alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo e il rispetto delle opinioni del bambino.
Più nello specifico gli studiosi identificano spesso queste dimensioni:
- autonomia di spostamento
- affordances, traducibile come “invito all’uso”, cioè quello che i bambini possono usare nell’ambiente e che percepiscono riconoscono come tale. Una affordance con un effetto positivo può essere un parco giochi, per esempio.
- partecipazione
- sicurezza.
In risposta alla crescente urbanizzazione e alla necessità di garantire che le città siano luoghi sicuri, accoglienti e stimolanti per i bambini, nel 1996 l’UNICEF e lo UN-Habitat (Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani ha lanciato) hanno lanciato la Child Friendly Cities Initiative (CFCI). Nello stesso anno la seconda Conferenza delle Nazioni Unite sugli insediamenti umani (Habitat ll) aveva infatti dichiarato che il benessere dei bambini è
“il massimo indicatore di un habitat sano, di una società democratica e di una buona amministrazione”.
Attraverso la CFCI, l’UNICEF fornisce linee guida, strumenti e supporto tecnico alle città che desiderano diventare a misura di bambino, aiutandole ad attuare politiche urbane che migliorino la qualità della vita per i più giovani e, di conseguenza, di tutti i cittadini. L’iniziativa è cresciuta nel corso degli anni, coinvolgendo un numero sempre maggiore di città in tutto il mondo, e continua a rappresentare un modello di riferimento per lo sviluppo urbano sostenibile e inclusivo.
Uno degli obiettivi principali della CFCI è quello di creare città che ascoltino le voci dei bambini e che rispondano alle loro esigenze e priorità. Questo implica la promozione della partecipazione attiva dei bambini nei processi decisionali e la creazione di ambienti che facilitino il loro sviluppo fisico, sociale e cognitivo. L’iniziativa promuove anche la collaborazione tra vari attori, tra cui governi locali, organizzazioni non governative, istituzioni educative e famiglie, per costruire comunità più inclusive e resilienti.
“La città dei bambini e delle bambine” è invece un progetto nato a Fano già nel 1991 e che persegue gli stessi obiettivi, sempre partendo dai diritti raccolti nella Convenzione. Come si legge sul sito:
“Il progetto «La città dei bambini» nasce a Fano (PU) nel 1991, da una idea di Francesco Tonucci, con un preciso intento politico: promuovere il cambiamento del parametro di governo della città, assumendo il bambino al posto dell’adulto, lavoratore, che si sposta in automobile. I bambini assumono un ruolo attivo nel processo di cambiamento, partecipando concretamente al governo e alla progettazione della città e riappropriandosi dello spazio urbano. Il progetto ha come naturale interlocutore il sindaco e la sua giunta poiché sono interessati e coinvolti dalla sua trasversalità tutti i settori dell’amministrazione.”
Anche questo progetto ha respiro internazionale, coordinato dall’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha respiro internazionale: in trent’anni hanno aderito 300 città in 15 paesi.
Buone pratiche
La ricerca di Annunziata D’Amico prosegue illustrando vari esempi di città nel mondo che hanno attuato strategie di sviluppo urbano a misura di bambino. I casi sono stati selezionati tra quelli allineati con l’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che mira a rendere le città inclusive, sicure, resilienti e sostenibili. La ricercatrice ha identificato in tutto 47 esperienze pubblicate in studi o report (ARUP, 2017; BYCS & Clean Cities, 2022; Urban Nature Atlas, 2021). Di queste ha selezionato i 8 casi studio di buone pratiche, e tra questi troviamo anche Bologna con la discussa Città 30, che stando ai dati da poco diffusi sta già dando i risultati previsti. Di seguito una breve sinossi di ogni caso.
- Anno di inizio: 2016 (Completato nel 2016)
- Categoria: Inclusiva
- Descrizione: Questo progetto ha trasformato Plaza 80 a Bogotá in uno spazio a misura di bambino. L’iniziativa si è concentrata sulla creazione di un ambiente inclusivo dove i bambini possono giocare, socializzare ed esplorare in sicurezza.
Piazza Dergano, Milano (Italia)
- Anno di inizio: 2018 (Completato nel 2022)
- Categoria: Inclusiva
- Sinossi: Piazza Dergano è stata ridisegnata per dare priorità alle esigenze dei bambini. Il progetto ha incluso lo sviluppo di aree gioco e spazi che incoraggiano l’interazione sociale e le attività fisiche per i bambini.
School Street Programme, Hackney, Londra (UK)
- Anno di inizio: 2015 (In corso)
- Categoria: Sicura
- Descrizione: Il School Street Programme a Hackney mira a migliorare la sicurezza dei bambini limitando il traffico intorno alle scuole durante le ore di punta. Questa iniziativa aiuta a creare un ambiente più sicuro e salutare per gli studenti durante il tragitto casa-scuola.
Bologna Città 30, Bologna (Italia)
- Anno di inizio: 2023 (In corso)
- Categoria: Sicura
- Descrizione: Il progetto Bologna Città 30 si concentra sul miglioramento della sicurezza stradale attraverso l’implementazione di un limite di velocità di 30 km/h nelle aree residenziali. Questa misura mira a ridurre gli incidenti e a creare strade più sicure per i bambini.
Schoolyard Transformation Programme, New York (USA)
- Anno di inizio: 2013 (In corso)
- Categoria: Resiliente
- Sinossi: Questo programma a New York mira a trasformare i cortili scolastici in spazi multifunzionali che supportano l’apprendimento, il gioco e l’impegno comunitario. L’iniziativa promuove la resilienza creando spazi verdi e flessibili.
Trasformazione del cortile della Scuola Elementare “Callandrone”, Savona (Italia)
- Anno di inizio: 2023 (In corso)
- Categoria: Resiliente
- Sinossi: Il cortile della Scuola Elementare Callandrone a Savona viene trasformato per fornire un ambiente resiliente e coinvolgente per i bambini. Il progetto include l’introduzione di spazi verdi ed elementi interattivi.
Corridoio Ecologico del Fiume Sanlihe, Qian’an (Cina)
- Anno di inizio: 2007 (Completato nel 2010)
- Categoria: Sostenibile
- Sinossi: Il progetto del Corridoio Ecologico del Fiume Sanlihe ha comportato la riqualificazione di un’area fluviale inquinata a Qian’an. La creazione di un corridoio ecologico sostenibile, con passerelle e spazi verdi, collega le scuole con le aree residenziali, promuovendo l’educazione ambientale e le attività all’aperto.
- Anno di inizio: 2013 (Completato nel 2018)
- Categoria: Sostenibile
- Sinossi: Il Parco Japigia a Bari ha trasformato un’area abbandonata in uno spazio verde che serve come luogo di svago e socializzazione per la comunità. Il parco migliora la qualità della vita e fornisce servizi ecosistemici, come la mitigazione dell’inquinamento e l’adattamento climatico.
Come spiega la ricercatrice, lo studio offre una panoramica di esperienze in luoghi e contesti sociali diversi dove le esigenze dei bambini diventano il motore di una trasformazione urbana che è in linea con l’obiettivo 11 dell’agenda 2030. Non si tratta di uno studio quantitativo, e il numero di casi analizzati è limitato, ma sono utili a comprendere l’intersezione tra la tanto citata “sostenibilità”, che riguarda tutti, e le esigenze dei giovanissimi.
“Il confronto tra gli interventi nazionali e internazionali raccolti in questo studio evidenzia che un approccio a misura di bambino permette di affrontare le problematiche in modo più olistico e integrato, portando benefici e risultati positivi per tutti.”
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stefano dalla casa – formicablu
Foto in apertura: di Roly Vasquez.